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2019-03-09 05:20 pm
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There's still hope

Fandom: JoJo's Bizzarre Adventures

Personaggi: Jotaro Kujo; Josuke Higashikata

Rating: Safe

Wordcount: 950

Iniziativa: CowT 9 - Settimana 4; Addormentarsi e Sognare



Il buio lo avvolgeva, e non c'era nulla che Jotaro potesse fare. Quella coltre nera, così spessa da sembrare solida, lo avvolgeva e gli impediva di vedere qualsiasi cosa, di fare qualsiasi cosa, di pensare anche solo ad un modo per potersene liberare. Era spaventosa ed era pericolosa, lo poteva sentire sulla propria pelle.
Ma non era quello che lo preoccupava.
Ciò che lo stava dilaniando era il suono. Quel rumore ovattato, come lontano ed irraggiungibile, ma allo stesso tempo abbastanza chiaro da poter capire di cosa si trattava: erano nomi urlati al vento, voci cariche di paura, disperazione, frustrazione. E Jotaro riconosceva quelle voci, riconosceva la voce alta e chiara del vecchio, riconosceva la voce profonda ma scossa dalla paura di Abdul, riconosceva la voce rombante ma carica di preoccupazione di Polnareff, e quella solitamente così calma e controllata di Kakyoin, che invece ora sembrava scossa da un dolore che lo stava dilaniando.

E Jotaro sentiva tutto, sentiva le loro parole, le loro urla, sentiva i suoi amici chiamarsi a vicenda e cercare di capire se gli altri erano ancora vivi, sentiva il vecchio e Polnareff urlare contro un nemico che Jotaro non poteva vedere, maledicendolo per ciò che stava facendo. Jotaro sentiva, lontano eppure così chiaro, ed era un dolore insopportabile. I suoi amici morivano attorno a lui, e lui era bloccato in quella coltre nera che non gli lasciava via d'uscita. Agitava le braccia prendeva a pugni il nulla, Star Platinum urlava la sua rabbia sferrando i suoi pugni più potenti contro il nero davanti a lui, ma nessuno dei due riusciva a fare niente, era come prendere a pugni un corso d'acqua, che continua a scorrere totalmente disinteressato.
Jotaro continuò a colpire il nulla, cercò di urlare, di chiamare i suoi amici, ma la sua voce si perdeva in quella bolla nera. Era inutile, qualsiasi cosa facesse era totalmente inutile. Continuò ad agitarsi, a cercare di urlare, di colpire ciò che aveva davanti. Cercò di calmarsi e guardarsi intorno, trovare il più piccolo appiglio, ma era tutto inutile. E le voci continuavano ad urlare, ed allo stesso tempo lentamente scemavano, e Jotaro poteva sentire la vita abbandonare i suoi amici. Non poteva smettere, doveva continuare, lottare contro quel nemico invisibile che lo avvolgeva e lo bloccava, e così continuava a colpire, a urlare, anche quando i suoi muscoli cominciarono a fare male, quando le sue gambe cominciarono a cedere sotto il suo peso. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma le voci erano sempre più flebili, e Jotaro sempre più stanco, e la tensione e la disperazione lo avvolgevano più strette di quelle spire nere, soffocandolo dall'interno. La voce profonda di Star Platinum urlava la sua disperazione, la sua frustrazione, graffiando le orecchie di Jotaro. Ma nessuno dei due poteva fare niente, continuavano a colpire inutilmente quella coltre inamovibile.
E le voci, sempre più deboli, li stavano abbandonando.
E Jotaro continuava a colpire, senza più forza, mosso solo dal desiderio di sentire ancora quelle voci. Non potevano lasciarlo da solo. Non poteva rimanere da solo di nuovo. Non potevano andarsene. Non potevano morire lontano da lui, mentre lui era bloccato in quel mondo nero.
La forza lo abbandonava sempre di più, e Jotaro crollò in ginocchio senza quasi accorgersene, Star Platinum piegato dalla propria stessa fatica tanto quanto lui. Jotaro guardò la coltre scura, quel nemico che non poteva abbattere in nessun modo, né con la forza bruta, né con la propria intelligenza. aveva cercato di appigliarsi ad ogni sua dote, e nulla era servito, era stato sconfitto ed i suoi amici, lontani, erano morti a causa sua, urlando di dolore.

" Jotaro? Jotaro! "

La voce cristallina del ragazzo lo raggiunse da lontano, strappandolo da quel mondo buio, forte e decisa come un uncino, ma delicata e gentile come... Jotaro non sapeva definire come.
L'uomo aprì gli occhi di scatto, guardandosi attorno. La stanza d'albergo era scura, ma la luna illuminava le pareti e parte dell'arredamento, ricordandogli dove si trovava. Era a Morioh, la piccola ma piacevole cittadina giapponese nel quale si era fermato per qualche mese. Ed era sera. E quella voce, quella mano che gli stringeva gentilmente la spalla, quello poteva essere solo Josuke.
Jotaro voltò la testa a guardarlo, il volto del giovane fiocamente illuminato, ma i suoi occhi erano abbastanza visibili da strappare un sorriso al maggiore.

" Oh, sei sveglio. Sembravi agitato, nel sonno. Incubi? "

Jotaro si portò una mano alla testa. Un incubo, certo. Non era la prima volta che succedeva. Riusciva ancora a sentire la sensazione pressante dell'oscurità sulla pelle, nelle sue orecchie la voce dei suoi vecchi amici ancora vibrava della stessa forza e dolore. Doveva essere un incubo. In fondo, gli incubi erano l'unico posto in cui poteva ancora sentire la voce di alcuni di loro. Diversamente dalle altre volte, però, Jotaro non si era svegliato al mattino madido di sudore, soffocando a malapena un gemito di dolore, con il corpo che tremava e le mani strette così forte che le dita facevano male. Guardò di nuovo verso il ragazzo, che ancora aspettava una risposta alla sua domanda. Colui che l'aveva preso e trascinato fuori da quella bolla di oscurità, colui che forse non poteva cambiare il passato, e non poteva curare le sue cicatrici, ma si prodigava ogni giorno nel tentativo di migliorare il suo futuro e proteggerlo da nuove ferite. Jotaro allargò un lieve sorriso, nascosto nella penombra.
Probabilmente gli incubi non se ne sarebbero mai andati, ma era bello sapere che qualcuno poteva trascinarlo fuori, se quel peso diventava... Troppo.

" Torna a dormire, Josuke. Non è nulla. "

E forse, per una volta, quella frase era una menzogna solo per metà.
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2019-03-09 02:33 pm
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Sweet dreams

Fandom: JoJo's Bizzarre Adventures

Personaggi:
 Yukako Yamagishi, Koichi Hirose

Rating:
Safe

Wordcount: 1355

Iniziativa: CowT 9 - Settimana 4; Addormentarsi e Sognare



Koichi dormiva sereno, gli occhi chiusi e le mani aggrappate al cuscino che teneva sotto la testa, i capelli argentati sparsi disordinatamente sul cuscino. Sembrava un angelo, il respiro sereno che alzava il suo petto con movimenti lenti e ritmici, le labbra semiaperte che lasciavano uscire un filo d'aria tiepida ogni volta che espirava. Yukako non ricordava di aver mai visto qualcosa di così bello. Koichi era già perfetto quando era sveglio, con la sua mente brillante e i suoi modi gentili, sempre pronto ad aiutare gli altri e sempre pronto ad imparare qualcosa di nuovo. Ma quando dormiva era ancora più bello. Sembrava così rilassato, così libero da tutti i problemi che lo affliggevano ogni giorno, dalla preoccupazione per i suoi amici dalle tendenze decisamente troppo spericolate, e dalla paura per le situazioni in cui volente o nolente ogni tanto si ritrovava, in quanto portatore di stand. Mentre dormiva, sembrava semplicemente un normale ragazzo della sua età, stanco dopo una sessione di studio particolarmente intensa (Yukako si era assicurata che lo fosse, visto che i suoi voti si erano un tantino abbassati nelle ultime prove), che non aveva altro da preoccuparsi se non la successiva interrogazione di inglese.

Yukako prese una copertina leggera, e con movimenti attenti e delicati la stese sul corpo di Koichi, guardandolo con un sorriso delicato. Lui si mosse appena nel sonno, agitò un paio di volte le gambe corte e prese il lembo della coperta tra le dita, tirandosela meglio sopra. Yukako ridacchiò piano, e prese una sedia per sedersi accanto al divano, continuando ad osservarlo mentre finiva i suoi compiti di matematica.
Si chiese cosa stesse sognando, quel ragazzo così dolce e gentile, e si chiese se sognava qualcosa di bello. Sembrava molto rilassato, magari stava sognando di una passeggiata nei boschi, o anche solamente di una giornata passata a divertirsi con i suoi amici. Yukako aveva imparato ad apprezzare tutto ciò che faceva parte della vita di Koichi, aveva imparato a lasciarlo andare, aveva imparato a non tenerlo legato quando non voleva esserlo. E Koichi, incredibilmente, l'aveva perdonata per gli errori che aveva commesso ed era tornato da lei, con la sua fiducia così disarmante, e il suo ottimismo contagioso.

Koichi si mosse ancora un poco nel sonno, agitandosi appena. Yukako alzò la testa dal quaderno e lo osservò con le sopracciglia aggrottate, impensierita da quei movimenti. Koichi aveva la fronte aggrottata e biascicava appena nel sonno, muovendosi e stringendo più volte la coperta tra le mani. La ragazza si irrigidì, impensierita, e tentò di avvicinarsi per svegliarlo. Si fermò a metà strada però, perché in fondo Koichi dormiva solo da poco ed era davvero stanco, si sentiva in colpa a svegliarlo così presto. Allo stesso tempo, sembrava agitato, e il sonno agitato non l'avrebbe di certo aiutato. Rimase ferma a pensarci, cercando di soppesare le possibilità per decidere cosa fare.
Ben presto, i suoi pensieri vennero interrotti da piccoli mugolii del ragazzo, che si muoveva ancora sotto la copertina. Yukako si avvicinò meglio, per capire cosa stesse mugugnando nel sonno, o almeno capire se stava effettivamente parlando o se erano solamente suoni sconnessi.

" Hmmgn... Yu...kako-san... gnnn.."

Yukako sbatté gli occhi un paio di volte, senza riuscire a trattenere il sorriso che lentamente le spuntava sulle labbra. Lei? Koichi stava sognando lei? Yukako non se ne capacitava. Insomma, certo, stavano assieme da qualche mese e passavano molto tempo assieme, facevano i compiti assieme e Yukako si assicurava sempre che Koichi arrivasse a casa propria nei giusti orari e dormisse il giusto, ma una parte di lei ancora non ci credeva, di essere davvero arrivata a potergli stare così vicino. Ancora non riusciva a credere che il ragazzo potesse provare qualcosa di simile per lei. Certo, aveva sempre saputo che erano destinati a stare insieme, ma Koichi era sempre stato duro di comprendonio, non pensava avrebbe potuto capirlo così in fretta.
Lo guardò incuriosita, e lo vide agitarsi ancora un pochino, qualche goccia di sudore gli gli imperlava la fronte. La ragazza si preoccupò, forse Koichi aveva caldo e la coperta non stava aiutando, così decise di prendere delicatamente i lembi e staccare con gesti gentili le sue mani da essi, attenta a non svegliarlo. Koichi mugugnò ancora qualcosa, ma non si svegliò, così Yukako poté prendere la coperta e toglierla delicatamente da sopra di lui, ripiegandola con attenzione e poggiandola sulla sedia più vicina. Soddisfatta, tornò al suo posto, di fianco al divano, per tornare ad osservare Koichi. Era sicura si sarebbe sentito meglio senza coperta, però sembrava starsi ancora agitando, e le piccole gocce di sudore sembravano essere aumentate, anche se di poco. Yukako cominciò a preoccuparsi, se Koichi si fosse preso un'influenza mentre era a casa sua non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe dovuto chiudere meglio le finestre, o forse accendere il riscaldamento, o forse farlo vestire più pesante, dargli una copertina anche mentre stava facendo i compiti, o...
Oh.
Mentre il suo sguardo scorreva freneticamente lungo il corpo vestito del ragazzo, alla ricerca dei segni della febbre o di qualsiasi altra cosa potesse provargli fastidio, Yukako notò un lieve rigonfiamento all'altezza del suo cavallo. Guardò attentamente la zona, sbattendo un po' gli occhi, il rossore che lentamente saliva sulle sue guance.
Koichi era... aveva... mentre stava sognando...?
Yukako sentì il viso avvampare, e in un impeto di vergogna corse a prendere di nuovo la coperta, lanciandola ancora piegata sulla faccia di Koichi.
Il ragazzo si svegliò di colpo, tirandosi su di scatto e quasi cadendo dal divano a causa del movimento improvviso.

" Yukako-san! Succede qualcosa?! "

Chiese subito, ancora sperso ma subito preoccupato per gli altri, come era sempre. Yukako aveva il volto nascosto tra le mani, e gli stava dando la schiena, ancora troppo imbarazzata per farsi vedere.

" K-Koichi! S-Se volevi fare certe cose avresti dovuto chiedere, sai?! Non si pensa ad una ragazza in quel modo senza chiedere, è da maleducati! "

" Cosa--- Che cosa stai dicendo, Yukak--- "

Il ragazzo si fermò a metà frase, Yukako sentì il silenzio calare per qualche secondo, e poi un urlo allarmato salire da dietro di lei. Sentì Koichi rotolare per terra, mentre si agitava, e il fruscio della coperta mentre probabilmente cercava di avvolgersela addosso.

" No, mi dispiace! Non volevo! Non era mia intenzione, io--- Non penserei mai a te cos--- "

Yukako si voltò di scatto, lo sguardo glaciale che si posava su Koichi. Il ragazzo si zittì di colpo, improvvisamente estremamente preoccupato. Yukako lo guardava con gli occhi colmi di rabbia tagliente.

" Cosa?! Io sono la tua ragazza, Koichi! Osi dire che non penseresti mai a me in quei termini?! Osi forse dire che non sono abbastanza bella per te?! "

La collera nella voce di Yukako fece rimpicciolire Koichi ancora di più, e il ragazzo balbettò qualcosa, cercando la cosa migliore da dire.

" No hai ragione, ho sbagliato! Non volevo dire quello! Io--- Io--- Intendevo dire che mi dispiace non averti detto nulla, non avrei mai voluto mancarti di rispetto! "

Yukako lo guardò fisse qualche secondo, i capelli lunghi corvini che ondeggiavano lentamente alle sue spalle. Rifletté qualche secondo sulle sue parole, e alla fine decise che poteva accettarlo, in fondo. I capelli smisero lentamente di muoversi, e lei incrociò le braccia, guardando da un'altra parte, un piccolo broncio sul viso.

" Se davvero mi rispetti così tanto, la prossima volta lascerai che io me ne prenda cura. "

Disse decisa, voltandosi verso di lui e indicando con un dito il suo pacco (ormai tornato normale, visto lo spavento). Koichi arrossì di colpo, e la guardò. Balbettò un paio di volte, spostò lo sguardo a destra e sinistra, visibilmente imbarazzato.

" Io... Ma sei sicura... Insomma... Io.... Beh.... Credo... Va bene... "

Yukako allargò un sorriso a quelle parole, la collera scomparsa in un attimo. Si avvicinò a Koichi e si abbassò per abbracciarlo, sollevandolo da terra. Lui si agitò un poco, ma un piccolo sorriso gli spuntò sulle labbra.

" Va bene, Koichi. Mi prenderò io cura di te la prossima volta. In fondo, nessuno potrebbe farlo meglio di me. "
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2019-03-09 12:39 pm
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Running to you

Fandom: JoJo's Bizzarre Adventures

Personaggi:
Joseph Joestar

Rating:
Safe

Wordcount: 810

Iniziativa: CowT 9 - Settimana 4; Addormentarsi e Sognare

Gran parte del tempo, Joseph era felice. Era in quella città nuova, con persone interessanti e mediamente gentili, aveva potuto conoscere Josuke, e ora poteva occuparsi di Shizuka, la piccola bambina invisibile che avevano trovato. Era un ottimo modo, per passare la sua vecchiaia. O almeno parte di essa.
Gran parte del tempo, Joseph si sentiva sereno e senza troppi pensieri. Doveva solo badare alla bambina e aiutare Jotaro e Josuke quando i due ne avevano bisogno. Ogni tanto andava al centro commerciale con il figlio, e passeggiavano insieme per tutto il pomeriggio, e Joseph non poteva chiedere di meglio. Era un ragazzo sveglio, pieno di risorse proprio come Joseph era stato alla sua età. Ed aveva un buon cuore, sempre pronto ad aiutare i suoi amici ma anche le persone che conosceva a malapena, sempre pronto a vendicare ingiustizie e soprusi anche se non lo riguardavano. Certo, non era un santo, sembrava essere abbastanza incline a farsi strada nella vita con la sua astuzia, a volte anche con mezzi forse un poco sleali, ma chi era Joseph per lamentarsi? In fondo, lui aveva fatto la stessa identica cosa per anni.

Gran parte del tempo tutto andava bene, ma a volte, Joseph sentiva il peso degli anni addosso, sentiva la memoria tradirlo, il corpo cedere e stancarsi, le persone attorno a lui irritarsi silenziosamente a causa dei suoi sbagli. Ed era difficile, perché Joseph Joestar era stato una persona intelligente ed orgogliosa, e vedere la propria stessa rovina era quasi insopportabile. Così, a volte, Joseph scappava. Come aveva imparato a fare tanti anni prima, fuggiva da ciò che non poteva cambiare per trovare un nuovo punto di vista. Ma era difficile sfuggire a se stessi.
Così, aveva dovuto ingegnarsi.
Aveva imparato a dormire. Ovunque, in qualsiasi momento, lasciar andare la propria mente estraniarsi dalla realtà, cadendo in un sonno leggero ma pieno di immagini lontane. A volte era la sua piccola Holy, dolce e sorridente fin da bambina, erano i pomeriggi passati a tenerla sulle spalle e correre nei prati, le ore passate a giocare e fingere di lasciarsi sconfiggere dalla coraggiosa bambina. A volte era la sua amata nonna Erina, il sorriso gentile di quella donna che aveva plasmato la sua infanzia e l'aveva reso la persona che era, colei che fino alla fine gli era stata accanto. A volte erano i primi anni con la allegra e bellissima Suzie, la moglie che l'aveva accompagnato per tutta la vita.
A volte, invece, la sua mente correva ancora più lontano, nel profondo di ciò che aveva cercato di dimenticare e nascondere per gran parte della sua vita. Correva e correva, attraverso campi ed attraverso fiumi e attraverso gli anni, fino a trovare la figura giovane e lumino di Caesar, colui che la vita gli aveva strappato troppo presto, colui che sempre era rimasto nel cuore di Joseph, nascosto a tutti e tutto. Quasi nessuno sapeva di Caesar. Joseph non ne parlava mai. Aveva conservato i pochi ricordi che avevano condiviso, sepolti nel fondo del suo cuore, una musica di sottofondo che aveva accompagnato tutta la sua vita.
Ora quella sua vita volgeva al termine, e Joseph amava scavare così a fondo nella propria mente, trovando quel tempo così remoto eppure così vivido nei suoi ricordi. Gli allenamenti assieme, le intere nottate passate a parlare, i piccoli baci che Caesar poggiava sulla sua maschera per la respirazione e di cui Joseph si lamentava perennemente, ricevendo solo delle risate divertite in risposta.

Joseph si lasciava cullare da quei ricordi, lasciava che la mano di Caesar stringesse la sua e lo trascinasse lontano, in quel mondo che era solo loro, quell'angolo della mente in cui Joseph non aveva mai fatto entrare nessun altro.
Erano solo sogni, Joseph lo sapeva. Ma alla sua età, dopo che così tante avventure erano passate e fuggite via, dopo che la vita gli aveva dato così tanto e tolto così tanto, a Joseph non rimanevano che i sogni. Il suo corpo non gli permetteva nuove avventure, la sua mente non gli permetteva di seguire con la necessaria attenzione quelle di suo figlio e suo nipote. Così gli rimaneva quello, quell'angolo di sogno fatto dai ricordi, dalle speranze, e dai dolori che erano stati la sua vita.
Poteva sembrare poco, e poteva sembrare triste, ma Joseph si sentiva in pace. Aveva vissuto a lungo e a lungo aveva potuto continuare le sue avventure, e se pochi anni prima era stato il primo a non riuscire a rinunciare alla sua giovinezza, ora voleva solamente vivere i suoi ultimi anni in serenità, con le persone a cui voleva bene. E se ogni tanto la realtà diventava troppo pesante, il mondo dei sogni era sempre disposto ad accoglierlo. Forse, un giorno, si sarebbe semplicemente lasciato andare, e avrebbe accompagnato Caesar e tutti gli altri nel loro ritorno in quel mondo senza tempo.