Your personal Star
Mar. 27th, 2019 03:34 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Fandom: JoJo's Bizzarre Adventures
Rating: Safe
Wordcount: 1427
Iniziativa: CowT 9
Star Platinum. Jotaro aveva sempre saputo il suo nome, fin da quando lo stand era comparso la prima volta. Nel profondo del cuore, conosceva la sua identità e conosceva la sua provenienza. Ma all'inizio era stato difficile ammetterlo. Era spaventato, ed era confuso, e come ogni volta reagiva allontanando o picchiando tutto ciò che lo metteva a disagio. A pensarci anni dopo, doveva essere sembrato davvero uno stupido.
Ricordava ancora quando il vecchio era andato a trovarlo e aveva portato con sé Abdul. Ricordava le loro spiegazioni. Ricordava le parole di Abdul sul fatto che il suo stand fosse legato all'arcano della Stella. All'epoca, Jotaro non sapeva cosa significasse, né aveva cercato di informarsi. Durante tutto il loro viaggio verso l'Egitto aveva semplicemente cercato di usare Star Platinum come un oggetto, una protesi che aumentava la forza e la velocità del suo corpo. Niente di più.
Ma Star Platinum non era solo. Star Platinum era parte di lui, una delle parti più profonde, una di quelle che avrebbe voluto ignorare, ma che doveva invece guardare in volto, e abbracciare, e accettare.
Era stato difficile. Ricordava bene quanto tempo era passato, prima di riuscirci. Una volta finito il periodo di crisi della battaglia contro DIO in cui avevano dovuto per forza collaborare per non morire, il loro rapporto si era deteriorato. Star Platinum cercava di avvicinarsi a suo modo, che era poi il modo che avrebbe usato anche Jotaro, e Jotaro invece spingeva lontano tutti, nessuno escluso. Era ancora ferito, ancora scottato da ciò che era successo. La rabbia era la sua compagna, ed era difficile riuscire a liberarsene.
Ricordava ancora come la sua rabbia l'aveva isolato da tutti, facendolo concentrare solo ed esclusivamente sulla scuola. Per anni non aveva fatto altro, aveva persino deciso di andare all'università, nella continua ricerca di qualcosa da fare, qualcosa che non lo facesse sentire perennemente impotente.
Ricordava anche il modo in cui cercava sempre di cacciare Star nelle profondità del proprio essere, cercava di tenerlo così lontano da dimenticarsi la sua esistenza, annaspando sempre id più alla ricerca di ogni appiglio a quella normalità che desiderava così tanto.
Poi, un giorno, aveva deciso di mettere da parte le differenze, provare a cercare un contatto. Aveva fatto uscire Star e aveva teso la mano, cercando di toccare le sue dita. Star l'aveva guardato in silenzio, aveva teso la mano verso di lui. Sentiva il tocco di Star sulle dita, eppure la sua mano passava attraverso il suo corpo, come farebbe con un ologramma. Ma a Jotaro non importava. Riusciva a percepire la sua mano, percepiva tutto il suo corpo e la sua essenza. Percepiva la sua esistenza, concreta e viva e presene come non era mai stata prima di quel momento. Star non si muoveva, piegava e distendeva le dita in movimenti lenti, simili a quelli che compiva Jotaro. Era come guardarsi allo specchio e vedere la propria anima lì, in piedi di fianco a sé. Jotaro aveva negato quella sensazione per anni, ma la semplicità di ciò che li univa era così trasparente, così onesta, che era impossibile da ignorare.
Era stato come un battesimo. Come un risveglio in una nuova vita. Non perché Jotaro fosse cambiato, ma perché aveva finalmente guardato in faccia se stesso. Sul volto di Star Platinum vedeva lo stesso dolore che sentiva lui. Vedeva la paura, vedeva la rabbia. Vedeva il senso di colpa. Vedeva tutte quelle emozioni che lui cercava di soffocare ogni giorno, nitide e vive davanti a lui. Aveva cercato di scappare per molto tempo, ma era così ovvio e semplice da capire, che non avrebbe potuto continuare ancora a lungo. Non poteva scappare da se stesso. Poteva odiarsi, poteva arrabbiarsi, poteva odiarsi, ma non poteva scappare.
E guardando Star Platinum nei suoi occhi così profondi, per un solo secondo, Jotaro pensò finalmente che forse, solo forse, avrebbe potuto imparare ad amare quella parte così profonda e complicata di sé.
Quella sera era stata la prima volta in cui aveva provato a cercare su qualche vecchio libro il significato della Stella nei tarocchi. Avevano combattuto contro stand che rappresentavano gli arcani per metà del loro viaggio ai tempi dell'Egitto, ma non si era mai interessato realmente al loro significato. Abdul era l'esperto, e lui non aveva bisogno di sapere da cosa derivassero i loro stand per poterli picchiare meglio.
Ora, invece, voleva saperne di più. Certo, era facile capire perché il destino avesse scelto per lui la stella, ma era sicuro ci fosse qualcos'altro. Aprì il libro che aveva trovato, scorrendo lentamente lungo le pagine alla ricerca di quella giusta. Star Platinum guardava da sopra di lui, curiosando le pagine insieme a lui e borbottando ogni volta che Jotaro non trovava quella giusta. Quando finalmente la trovò, Jotaro si piegò appena sul libro per leggere meglio, assorto.
A quanto pareva, Jotaro doveva essere una persona risoluta e piena di speranze, secondo la sua carta. La cosa all'inizio gli era parsa parecchio ironica, visto tutto ciò che aveva passato. Ma anche se non si riconosceva in quelle descrizioni, si sentiva più vicino a se stesso e a Star Platinum, riusciva a capire meglio il suo posto nel mondo e il significato di ciò che era stato il suo destino.
Era cresciuto molto, da allora. Non aveva più usato i poteri di Star Platinum se non in rarissime occasioni, e non aveva mai più usato la sua abilità di fermare il tempo, non avendone alcun bisogno, ma nonostante ciò passava molto più tempo a contatto con il proprio stand. Aveva imparato ad accoglierlo, comunicare con lui, scambiare idee. Rileggeva ad alta voce i suoi articoli accademici per poi cercare la conferma di Star riguardo alla forma. Riguardava insieme a lui le foto dei suoi avvistamenti per cercare di capire se aveva davvero visto bene. Forse non sarebbe mai riuscito ad entrare in risonanza con lui in quel modo naturale e perfettamente coordinato che aveva visto in Kakyoin o Polnareff, ma non gli importava. Avevano trovato il loro linguaggio, il loro modo di comprendersi e supportarsi a vicenda, e quello bastava.
Proprio quel giorno, Jotaro aveva ricevuto segnali preoccupanti dal trasmettitore che aveva lasciato a Jolyne. Sembrava che sua figlia fosse in pericolo. Si era attivato immediatamente per contattare la fondazione Speedwagon e capire cosa stesse succedendo, e subito erano riusciti ad aggiornarlo sulla vita di sua figlia. A quanto pareva era stata arrestata per un crimine che non aveva commesso, incastrata da poteri più grandi di lei che cercavano di vendicarsi sulla ragazza per arrivare a Jotaro.
Mentre preparava le valigie per partire, Jotaro voltò la testa verso Star Platinum. Lo stand, che era uscito senza che lui se ne accorgesse, stava camminando avanti e indietro per la stanza, con l'aria di chi ha tutta la voglia di mettere le mani addosso a qualcuno. Jotaro lo capiva perfettamente, in fondo era esattamente il modo in cui si sentiva lui. Qualcuno aveva intenzione di minacciare la vita di sua figlia nel tentativo di arrivare a lui, qualcuno aveva pensato fosse una buona idea mettere in mezzo una persona che non c'entrava nulla in una battaglia che non doveva riguardarle.
Jotaro avrebbe trovato quel qualcuno, e gli avrebbe fatto pentire di essere nato. Gli avrebbe messo davanti ogni singolo errore commesso nella sua vita e lo avrebbe fatto piangere in ginocchio, pregando e invocando la sua pietà. Quella che Jotaro non avrebbe avuto, come non l'aveva mai avuta prima.
Si voltò a guardare Star Platinum, che si stava aggiustando i guanti che gli avvolgevano le mani. Jotaro aveva preso da poco un nuovo completo, decidendo di cambiare dagli abiti bianchi che indossava di solito, e Star aveva immediatamente aggiustato il proprio look al suo. Sembrava piacergli, l'idea di avere un aspetto simile. Se bastava così poco per renderlo felice, Jotaro era ben contento di assecondarlo.
"Sarà ora di andare, Star. È da un po' che non meniamo le mani, uh?"
Chiese distrattamente, mentre appoggiava tutto ciò che gli serviva vicino alla porta, pronto ad uscire. Non parlava quasi mai ad alta voce con lui davanti a terzi, per ovvi motivi, ma comunicare quando erano da soli era una cosa che gli faceva piacere ogni tanto.
Star Platinum allargò un sorrisetto che probabilmente sarebbe risultato inquietante a... Quasi tutti. Jotaro, invece, era contento di sapere che lo stand condivideva le sue stesse emozioni.
Allungò una mano, e Star la prese con le sue dita eteree, per poi risalire lungo il suo braccio e rientrare nel suo corpo. Jotaro sorrise. Era bello non essere mai da soli.
"Andiamo, allora."
Rating: Safe
Wordcount: 1427
Iniziativa: CowT 9
Star Platinum. Jotaro aveva sempre saputo il suo nome, fin da quando lo stand era comparso la prima volta. Nel profondo del cuore, conosceva la sua identità e conosceva la sua provenienza. Ma all'inizio era stato difficile ammetterlo. Era spaventato, ed era confuso, e come ogni volta reagiva allontanando o picchiando tutto ciò che lo metteva a disagio. A pensarci anni dopo, doveva essere sembrato davvero uno stupido.
Ricordava ancora quando il vecchio era andato a trovarlo e aveva portato con sé Abdul. Ricordava le loro spiegazioni. Ricordava le parole di Abdul sul fatto che il suo stand fosse legato all'arcano della Stella. All'epoca, Jotaro non sapeva cosa significasse, né aveva cercato di informarsi. Durante tutto il loro viaggio verso l'Egitto aveva semplicemente cercato di usare Star Platinum come un oggetto, una protesi che aumentava la forza e la velocità del suo corpo. Niente di più.
Ma Star Platinum non era solo. Star Platinum era parte di lui, una delle parti più profonde, una di quelle che avrebbe voluto ignorare, ma che doveva invece guardare in volto, e abbracciare, e accettare.
Era stato difficile. Ricordava bene quanto tempo era passato, prima di riuscirci. Una volta finito il periodo di crisi della battaglia contro DIO in cui avevano dovuto per forza collaborare per non morire, il loro rapporto si era deteriorato. Star Platinum cercava di avvicinarsi a suo modo, che era poi il modo che avrebbe usato anche Jotaro, e Jotaro invece spingeva lontano tutti, nessuno escluso. Era ancora ferito, ancora scottato da ciò che era successo. La rabbia era la sua compagna, ed era difficile riuscire a liberarsene.
Ricordava ancora come la sua rabbia l'aveva isolato da tutti, facendolo concentrare solo ed esclusivamente sulla scuola. Per anni non aveva fatto altro, aveva persino deciso di andare all'università, nella continua ricerca di qualcosa da fare, qualcosa che non lo facesse sentire perennemente impotente.
Ricordava anche il modo in cui cercava sempre di cacciare Star nelle profondità del proprio essere, cercava di tenerlo così lontano da dimenticarsi la sua esistenza, annaspando sempre id più alla ricerca di ogni appiglio a quella normalità che desiderava così tanto.
Poi, un giorno, aveva deciso di mettere da parte le differenze, provare a cercare un contatto. Aveva fatto uscire Star e aveva teso la mano, cercando di toccare le sue dita. Star l'aveva guardato in silenzio, aveva teso la mano verso di lui. Sentiva il tocco di Star sulle dita, eppure la sua mano passava attraverso il suo corpo, come farebbe con un ologramma. Ma a Jotaro non importava. Riusciva a percepire la sua mano, percepiva tutto il suo corpo e la sua essenza. Percepiva la sua esistenza, concreta e viva e presene come non era mai stata prima di quel momento. Star non si muoveva, piegava e distendeva le dita in movimenti lenti, simili a quelli che compiva Jotaro. Era come guardarsi allo specchio e vedere la propria anima lì, in piedi di fianco a sé. Jotaro aveva negato quella sensazione per anni, ma la semplicità di ciò che li univa era così trasparente, così onesta, che era impossibile da ignorare.
Era stato come un battesimo. Come un risveglio in una nuova vita. Non perché Jotaro fosse cambiato, ma perché aveva finalmente guardato in faccia se stesso. Sul volto di Star Platinum vedeva lo stesso dolore che sentiva lui. Vedeva la paura, vedeva la rabbia. Vedeva il senso di colpa. Vedeva tutte quelle emozioni che lui cercava di soffocare ogni giorno, nitide e vive davanti a lui. Aveva cercato di scappare per molto tempo, ma era così ovvio e semplice da capire, che non avrebbe potuto continuare ancora a lungo. Non poteva scappare da se stesso. Poteva odiarsi, poteva arrabbiarsi, poteva odiarsi, ma non poteva scappare.
E guardando Star Platinum nei suoi occhi così profondi, per un solo secondo, Jotaro pensò finalmente che forse, solo forse, avrebbe potuto imparare ad amare quella parte così profonda e complicata di sé.
Quella sera era stata la prima volta in cui aveva provato a cercare su qualche vecchio libro il significato della Stella nei tarocchi. Avevano combattuto contro stand che rappresentavano gli arcani per metà del loro viaggio ai tempi dell'Egitto, ma non si era mai interessato realmente al loro significato. Abdul era l'esperto, e lui non aveva bisogno di sapere da cosa derivassero i loro stand per poterli picchiare meglio.
Ora, invece, voleva saperne di più. Certo, era facile capire perché il destino avesse scelto per lui la stella, ma era sicuro ci fosse qualcos'altro. Aprì il libro che aveva trovato, scorrendo lentamente lungo le pagine alla ricerca di quella giusta. Star Platinum guardava da sopra di lui, curiosando le pagine insieme a lui e borbottando ogni volta che Jotaro non trovava quella giusta. Quando finalmente la trovò, Jotaro si piegò appena sul libro per leggere meglio, assorto.
A quanto pareva, Jotaro doveva essere una persona risoluta e piena di speranze, secondo la sua carta. La cosa all'inizio gli era parsa parecchio ironica, visto tutto ciò che aveva passato. Ma anche se non si riconosceva in quelle descrizioni, si sentiva più vicino a se stesso e a Star Platinum, riusciva a capire meglio il suo posto nel mondo e il significato di ciò che era stato il suo destino.
Era cresciuto molto, da allora. Non aveva più usato i poteri di Star Platinum se non in rarissime occasioni, e non aveva mai più usato la sua abilità di fermare il tempo, non avendone alcun bisogno, ma nonostante ciò passava molto più tempo a contatto con il proprio stand. Aveva imparato ad accoglierlo, comunicare con lui, scambiare idee. Rileggeva ad alta voce i suoi articoli accademici per poi cercare la conferma di Star riguardo alla forma. Riguardava insieme a lui le foto dei suoi avvistamenti per cercare di capire se aveva davvero visto bene. Forse non sarebbe mai riuscito ad entrare in risonanza con lui in quel modo naturale e perfettamente coordinato che aveva visto in Kakyoin o Polnareff, ma non gli importava. Avevano trovato il loro linguaggio, il loro modo di comprendersi e supportarsi a vicenda, e quello bastava.
Proprio quel giorno, Jotaro aveva ricevuto segnali preoccupanti dal trasmettitore che aveva lasciato a Jolyne. Sembrava che sua figlia fosse in pericolo. Si era attivato immediatamente per contattare la fondazione Speedwagon e capire cosa stesse succedendo, e subito erano riusciti ad aggiornarlo sulla vita di sua figlia. A quanto pareva era stata arrestata per un crimine che non aveva commesso, incastrata da poteri più grandi di lei che cercavano di vendicarsi sulla ragazza per arrivare a Jotaro.
Mentre preparava le valigie per partire, Jotaro voltò la testa verso Star Platinum. Lo stand, che era uscito senza che lui se ne accorgesse, stava camminando avanti e indietro per la stanza, con l'aria di chi ha tutta la voglia di mettere le mani addosso a qualcuno. Jotaro lo capiva perfettamente, in fondo era esattamente il modo in cui si sentiva lui. Qualcuno aveva intenzione di minacciare la vita di sua figlia nel tentativo di arrivare a lui, qualcuno aveva pensato fosse una buona idea mettere in mezzo una persona che non c'entrava nulla in una battaglia che non doveva riguardarle.
Jotaro avrebbe trovato quel qualcuno, e gli avrebbe fatto pentire di essere nato. Gli avrebbe messo davanti ogni singolo errore commesso nella sua vita e lo avrebbe fatto piangere in ginocchio, pregando e invocando la sua pietà. Quella che Jotaro non avrebbe avuto, come non l'aveva mai avuta prima.
Si voltò a guardare Star Platinum, che si stava aggiustando i guanti che gli avvolgevano le mani. Jotaro aveva preso da poco un nuovo completo, decidendo di cambiare dagli abiti bianchi che indossava di solito, e Star aveva immediatamente aggiustato il proprio look al suo. Sembrava piacergli, l'idea di avere un aspetto simile. Se bastava così poco per renderlo felice, Jotaro era ben contento di assecondarlo.
"Sarà ora di andare, Star. È da un po' che non meniamo le mani, uh?"
Chiese distrattamente, mentre appoggiava tutto ciò che gli serviva vicino alla porta, pronto ad uscire. Non parlava quasi mai ad alta voce con lui davanti a terzi, per ovvi motivi, ma comunicare quando erano da soli era una cosa che gli faceva piacere ogni tanto.
Star Platinum allargò un sorrisetto che probabilmente sarebbe risultato inquietante a... Quasi tutti. Jotaro, invece, era contento di sapere che lo stand condivideva le sue stesse emozioni.
Allungò una mano, e Star la prese con le sue dita eteree, per poi risalire lungo il suo braccio e rientrare nel suo corpo. Jotaro sorrise. Era bello non essere mai da soli.
"Andiamo, allora."