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Fandom: JoJo's Bizzarre Adventures

Personaggi: Jotaro Kujo; Josuke Higashikata

Rating: Safe

Wordcount: 950

Iniziativa: CowT 9 - Settimana 4; Addormentarsi e Sognare



Il buio lo avvolgeva, e non c'era nulla che Jotaro potesse fare. Quella coltre nera, così spessa da sembrare solida, lo avvolgeva e gli impediva di vedere qualsiasi cosa, di fare qualsiasi cosa, di pensare anche solo ad un modo per potersene liberare. Era spaventosa ed era pericolosa, lo poteva sentire sulla propria pelle.
Ma non era quello che lo preoccupava.
Ciò che lo stava dilaniando era il suono. Quel rumore ovattato, come lontano ed irraggiungibile, ma allo stesso tempo abbastanza chiaro da poter capire di cosa si trattava: erano nomi urlati al vento, voci cariche di paura, disperazione, frustrazione. E Jotaro riconosceva quelle voci, riconosceva la voce alta e chiara del vecchio, riconosceva la voce profonda ma scossa dalla paura di Abdul, riconosceva la voce rombante ma carica di preoccupazione di Polnareff, e quella solitamente così calma e controllata di Kakyoin, che invece ora sembrava scossa da un dolore che lo stava dilaniando.

E Jotaro sentiva tutto, sentiva le loro parole, le loro urla, sentiva i suoi amici chiamarsi a vicenda e cercare di capire se gli altri erano ancora vivi, sentiva il vecchio e Polnareff urlare contro un nemico che Jotaro non poteva vedere, maledicendolo per ciò che stava facendo. Jotaro sentiva, lontano eppure così chiaro, ed era un dolore insopportabile. I suoi amici morivano attorno a lui, e lui era bloccato in quella coltre nera che non gli lasciava via d'uscita. Agitava le braccia prendeva a pugni il nulla, Star Platinum urlava la sua rabbia sferrando i suoi pugni più potenti contro il nero davanti a lui, ma nessuno dei due riusciva a fare niente, era come prendere a pugni un corso d'acqua, che continua a scorrere totalmente disinteressato.
Jotaro continuò a colpire il nulla, cercò di urlare, di chiamare i suoi amici, ma la sua voce si perdeva in quella bolla nera. Era inutile, qualsiasi cosa facesse era totalmente inutile. Continuò ad agitarsi, a cercare di urlare, di colpire ciò che aveva davanti. Cercò di calmarsi e guardarsi intorno, trovare il più piccolo appiglio, ma era tutto inutile. E le voci continuavano ad urlare, ed allo stesso tempo lentamente scemavano, e Jotaro poteva sentire la vita abbandonare i suoi amici. Non poteva smettere, doveva continuare, lottare contro quel nemico invisibile che lo avvolgeva e lo bloccava, e così continuava a colpire, a urlare, anche quando i suoi muscoli cominciarono a fare male, quando le sue gambe cominciarono a cedere sotto il suo peso. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma le voci erano sempre più flebili, e Jotaro sempre più stanco, e la tensione e la disperazione lo avvolgevano più strette di quelle spire nere, soffocandolo dall'interno. La voce profonda di Star Platinum urlava la sua disperazione, la sua frustrazione, graffiando le orecchie di Jotaro. Ma nessuno dei due poteva fare niente, continuavano a colpire inutilmente quella coltre inamovibile.
E le voci, sempre più deboli, li stavano abbandonando.
E Jotaro continuava a colpire, senza più forza, mosso solo dal desiderio di sentire ancora quelle voci. Non potevano lasciarlo da solo. Non poteva rimanere da solo di nuovo. Non potevano andarsene. Non potevano morire lontano da lui, mentre lui era bloccato in quel mondo nero.
La forza lo abbandonava sempre di più, e Jotaro crollò in ginocchio senza quasi accorgersene, Star Platinum piegato dalla propria stessa fatica tanto quanto lui. Jotaro guardò la coltre scura, quel nemico che non poteva abbattere in nessun modo, né con la forza bruta, né con la propria intelligenza. aveva cercato di appigliarsi ad ogni sua dote, e nulla era servito, era stato sconfitto ed i suoi amici, lontani, erano morti a causa sua, urlando di dolore.

" Jotaro? Jotaro! "

La voce cristallina del ragazzo lo raggiunse da lontano, strappandolo da quel mondo buio, forte e decisa come un uncino, ma delicata e gentile come... Jotaro non sapeva definire come.
L'uomo aprì gli occhi di scatto, guardandosi attorno. La stanza d'albergo era scura, ma la luna illuminava le pareti e parte dell'arredamento, ricordandogli dove si trovava. Era a Morioh, la piccola ma piacevole cittadina giapponese nel quale si era fermato per qualche mese. Ed era sera. E quella voce, quella mano che gli stringeva gentilmente la spalla, quello poteva essere solo Josuke.
Jotaro voltò la testa a guardarlo, il volto del giovane fiocamente illuminato, ma i suoi occhi erano abbastanza visibili da strappare un sorriso al maggiore.

" Oh, sei sveglio. Sembravi agitato, nel sonno. Incubi? "

Jotaro si portò una mano alla testa. Un incubo, certo. Non era la prima volta che succedeva. Riusciva ancora a sentire la sensazione pressante dell'oscurità sulla pelle, nelle sue orecchie la voce dei suoi vecchi amici ancora vibrava della stessa forza e dolore. Doveva essere un incubo. In fondo, gli incubi erano l'unico posto in cui poteva ancora sentire la voce di alcuni di loro. Diversamente dalle altre volte, però, Jotaro non si era svegliato al mattino madido di sudore, soffocando a malapena un gemito di dolore, con il corpo che tremava e le mani strette così forte che le dita facevano male. Guardò di nuovo verso il ragazzo, che ancora aspettava una risposta alla sua domanda. Colui che l'aveva preso e trascinato fuori da quella bolla di oscurità, colui che forse non poteva cambiare il passato, e non poteva curare le sue cicatrici, ma si prodigava ogni giorno nel tentativo di migliorare il suo futuro e proteggerlo da nuove ferite. Jotaro allargò un lieve sorriso, nascosto nella penombra.
Probabilmente gli incubi non se ne sarebbero mai andati, ma era bello sapere che qualcuno poteva trascinarlo fuori, se quel peso diventava... Troppo.

" Torna a dormire, Josuke. Non è nulla. "

E forse, per una volta, quella frase era una menzogna solo per metà.
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