iperouranos: (Default)
iperouranos ([personal profile] iperouranos) wrote2019-03-09 02:12 pm

Thicker than blood

Fandom: JoJo's Bizzarre Adventures

Personaggi: Jolyne Cujoh

Rating: Safe

Wordcount: 918

Iniziativa: CowT 9 - Settimana 4; Addormentarsi e Sognare 

Dicevano che la prima notte in prigione fosse la più difficile. Dicevano che nessuno dormiva davvero, la prima notte, perché il mondo era improvvisamente diventato piccolo ed ostile, e chi non conosceva quella realtà si ritrovava catapultato in un posto dove chi non sa come muoversi non sopravvive.
Jolyne non era preoccupata. Forse perché non era esattamente la sua prima notte, solo la prima da dopo la condanna. O forse perché era troppo impegnata ad essere arrabbiata e ferita e a meditare almeno 500 piani diversi di vendetta per potersi soffermare su quanto miserabile e spaventosa fosse la sua situazione.

Era stesa sul suo letto, la schiena che già si lamentava a causa del materasso sottile che la faceva toccare contro le molle scomode e quasi dolorose della rete, le lenzuola rigide e per nulla utili a tenerle caldo che la coprivano in modo più fastidioso di quanto aveva immaginato quando le aveva tirate su. guardava il soffitto scuro, senza realmente riuscire a vederlo a causa della luce inesistente. C'era qualche fonte di luce fuori, nel corridoio, ma erano talmente fioche che non servivano ad altro se non a dare fastidio a chi cercava di dormire (ma non a lei, quindi non era un suo problema).
Sospirò silenziosamente, cercando di rigirare nella propria testa tutti i pensieri e i ricordi di quella giornata. Dopo tanto tempo passato a cercare di difendere la sua innocenza, aveva finalmente ceduto e ammesso di essere colpevole, solo per poter avere uno sconto di pena. Era giovane, aveva ancora davanti i suoi anni migliori, e non aveva intenzione di spenderli in prigione a causa di uno stronzo che l'aveva incastrata per un crimine che non aveva neanche lontanamente commesso. Ma alla fine dei conti, il suddetto stronzo aveva semplicemente trovato un modo per incastrarla ancora peggio di prima, e ora Jolyne si ritrovava una condanna di 15 anni per le mani, senza poter fare nulla a riguardo. Era furiosa, il suo corpo tremava di collera ogni volta che ripensava a quella mattina, alla sentenza totalmente priva di senso che aveva subito e a quel maledetto avvocato che non aveva fatto altro che fare gli interessi dello stronzo. Erano tutti un branco di stronzi, e ormai Jolyne era sicura che non esistesse al mondo un solo uomo di cui potersi fidare. Il padre si faceva vedere così raramente che Jolyne faceva fatica a ricordare il suo volto, il suo ragazzo l'aveva incastrata, l'avvocato non aveva alcun interesse per lei, ma solo per i soldi che avrebbe ricevuto dopo averla venduta in quel modo. Jolyne si sentiva tradita ed usata da ogni singolo uomo avesse mai conosciuto, quello stronzo della guardia che ò'aveva vista qualche sera prima compreso.

Ringhiò silenziosamente, agitandosi nel letto. Avrebbe voluto prenderli a pugni uno per uno, magari strozzarli con quello strano filo che aveva evocato senza rendersene conto quella mattina. Ancora non sapeva cosa fosse, ma almeno sembrava utile per difendersi in carcere, il che non faceva altro che tornargli comodo. Ergo, aveva deciso di accantonare quel problema.

La realtà era che tutto ciò che Jolyne avrebbe voluto era addormentarsi e avere gli incubi come ogni persona normale al loro primo giorno in un carcere. Voleva svegliarsi il mattino dopo madida di sudore e con gli occhi gonfi di lacrime, sentirsi come se qualcuno l'avesse derubata della parte migliore della sua vita, che era poi effettivamente ciò che era successo. Voleva sentirsi una persona normale, che passa la notte a pensare alle brutte cose che dovrà vivere per i prossimi anni, e viene attaccata nei sogni da tutti i mostri che si è immaginata.
Per una volta, Jolyne voleva reagire come una persona normale. Ma non era così.
Era arrabbiata, non spaventata. E tutto ciò a cui riusciva a pensare era trovare un modo per vivere bene dentro quel carcere, anche prendendo a pugni qualcuno se necessario. Si era sempre adattata fin troppo in fretta e troppo facilmente alle situazioni, anche quando nessuna persona normale avrebbe dovuto. Forse, a conti fatti, in questo caso era un vantaggio. Ma in fondo al suo cuore, Jolyne avrebbe solamente voluto un attimo di calma. Smettere di pensare continuamente, e soprattutto smettere di combattere contro qualsiasi cosa gli si parasse davanti. Sua madre le aveva sempre detto che era una guerriera nata, che aveva preso tutti i geni degli uomini Joestar. Jolyne non conosceva la famiglia Joestar, il padre non si faceva mai vedere e la madre conosceva il resto dei parenti solo di nome.
A Jolyne non piaceva l'idea di essere come loro. Erano figure lontane, e per quanto lei avesse smesso, in fondo al suo cuore, di essere arrabbiata, rimaneva il fatto che stava molto meglio senza saperne nulla.
Anche se, in fondo, sarebbe stato bello conoscerli. Conoscere le loro avventure. Scoprire se era vero che erano guerrieri nati che attiravano avventure incredibili, come la madre le aveva raccontato.
Jolyne affondò la testa nel cuscino e serrò gli occhi, nel tentativo di inseguire il sonno che sembrava non arrivare. Si concentrò su quello che avrebbe potuto fare a tutti gli stronzi che l'avevano abbandonata e ferita e maltrattata, se fosse stata davvero una guerriera.

Jolyne era diversa da tutti gli altri. Non furono incubi pregni della paura del futuro in quel carcere a colorare il suo sonno, quella sera. Furono immagini colorate, lontane e nitide allo stesso tempo, di poteri incredibili, nemici spaventosi, e avventure in giro per il mondo.
Forse, in fondo, era vero. Il sangue dei Joestar non mentiva mai.